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PALINODIA

di  ANTONINO DAMIANO

 Premetto (per chi non lo sapesse):

a) che "Palinodia" è il titolo di un’opera del poeta greco Stesicoro, nato e vissuto in Sicilia, con la quale l’autore si rimangiò di sana pianta le accuse mosse contro Elena, che in un’opera precedente aveva indicata come responsabile della guerra di Troia;

b) che il sottoscritto è l’autore dell’epigrafe incisa sulla lapide che, il 4 aprile 1998, venne posta sulla facciata principale del municipio di Capo d’orlando "a perenne memoria di Agatirno",città che esistette da queste parti sino a quando non venne letteralmente rasa al suolo dai Musulmani,negli ultimi anni della loro conquista della Sicilia;

c) che la lapide suddetta, in questi giorni, è stata rimossa, per ordine della stessa Autorità che l’aveva inaugurata unitamente al sottoscritto;

d) che il sottoscritto sconosce i motivi dell’avvenuta rimozione, e non desidera conoscerli.

  Tutto ciò premesso, il sottoscritto, volendo ora imitare (a modo suo,s’intende) la ben nota "Palinodia al marchese Gino Capponi" di Giacomo Leopardi, esprime pubblicamente il proprio rammarico, per aver proposto, al Sindaco pro tempore, la lapide suddetta, anche come "biglietto da visita" della città di Capo d’orlando; e, conseguentemente, dichiara di ritrattare l’intero contenuto della epigrafe da lui dettata, nonché l’intero contenuto del proprio saggio intitolato “DAL CAPO AGATIRNO AI MONTI NEBRODI AL VALDEMONE AL CAPO D’ORLANDO”, stampato a cura e spese dello stesso Comune e diffuso gratuitamente, nel contesto della solenne inaugurazione della lapide in questione.

  Dichiara di ritrattare altresì l’intero contenuto del proprio saggio intitolato “NEBRODI, VAL DEMONE, AGATIRNO”, pubblicato nel 1992, e ciò anche se tale saggio ha “vivamente interessato, per l’originalità e l’acutezza delle vedute in esso prospettate”, uno storico della statura di Luigi Bernabò—Brea, come si legge testualmente in una lettera a firma dello stesso, indirizzata all’allora presidente della sezione di Capo d’orlando dell’Archeoclub d’Italia, oggi assessore ai beni culturali del Comune di Capo d’Orlando.

  In sostanza, il sottoscritto, volendo continuare il discorso ad imitazione della ricordata ‘Palinodia” leopardiana, riconosce di avere errato “assai gran tempo e di gran lunga”, nell’aver ritenuto e dato per certo, malgrado il contrario parere di gente munita di titoli accademici che il sottoscritto non possiede (il che però non è un difetto, se non lo fu e non lo è per quanti, in ogni tempo,hanno dimostrato di avere una cultura di gran lunga superiore alla mia ed a quella della gente suddetta), nell’aver ritenuto e dato per certo:

che Agatirno fu la città santa del culto dionisiaco in Sicilia;

che i Nebrodi presero il nome dal dio Dioniso o Bacco, detto pure “Nebròdes”, vale a dire “simile al cerbiatto” , il quale animale era la sua vittima sacrificale;

che il VAL DEMONE prese il nome dallo stesso dio, degradato a demone nei primi secoli dell’era cristiana, quando la religione dionisiaca era ancora in vigore, in tutto il territorio che poi, sino al 1818, fu chiamato ufficialmente VAL DEMONE ;

che i Normanni cancellarono la memoria storica dello stesso territorio, confezionando a tal fine carte false (come la cosiddetta “Cronaca di Monemvasia”, con la quale hanno fatto credere,sia al colto che all’inclita — fino ai nostri giorni! — che il VAL DEMONE abbia preso il nome da un’antica città chiamata “Demenna”: mai esistita,né in Sicilia né altrove);

che i Romani, a motivo della religione dionisiaca professata da tutta la popolazione di Agatirno, deportarono 4.000 persone residenti nella stessa città: in proposito, il sottoscritto si dichiara pronto a sottoscrivere la tesi liviana secondo cui la deportazione sarebbe avvenuta perché tutta gente dissoluta e di malaffare ma, per poter sottoscrivere tale tesi, da lui precedentemente dichiarata calunniosa nei confronti dei lontani progenitori degli attuali cittadini di Capo d’Orlando, il sottoscritto dovrebbe — quanto meno — rinunciare alla cittadinanza orlandina, cosa che — a questo punto — egli farebbe ben volentieri, se gli venisse consentita: e questo posso giurarlo davanti a Dio’.

           Capo d’Orlando, li  31 luglio 2001

                                                                                                                Antonino Damiano

"Capo d'Orlando, la Soprintendenza interviene sulla lapide di Agatirno"

Gazzetta del Sud del 4 agosto 2001

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